GIANFELICE FACCHETTI RACCONTA ARPAD WEISZ
Ore 10.00 Teatro San Domenico euro 3,00 per le scuole (per prenotazione: info@teatrosandomenico.com o telefonare al numero 0373.85418)
Ore 21.00 Teatro san Domenico euro 5,00 (acquisto ticket online e presso la biglietteria del teatro)
All’interno della rassegna “La Storia Siamo Noi”, organizzata dall’assessorato alla Cultura e alle Politiche Giovanili con l’aiuto del centro di ricerca Alfredo Galmozzi, del comitato di promozione dei principi della Costituzione e grazie al supporto del Teatro San Domenico per promuovere il ricordo di accadimenti storici particolarmente significativi e apprendere valori che possano rappresentare uno stimolo all’impegno per le giovani generazioni.
Chi è Anna Frank? Cosa c’entra con il calcio? Ricordate la figurina di Anna Frank con la maglia della Roma comparsa un anno fa allo stadio Olimpico in occasione di un derby? Cosa volevano dire quelle figurine? Che i tifosi della Roma sono…ebrei…come fosse un’offesa quando non lo è! Il calcio si scandalizzò per quell’accostamento osceno e assurdo ma lo fece rispondendo con un gesto la cui efficacia fu senz’altro discutibile. Si chiese ai capitani delle squadre di serie A, di leggere qualche riga del diario di Anna Frank pochi attimi prima del calcio d’inizio. A chi potevano interessare? Immaginiamo la scena: i giocatori entrano in campo, si schierano mentre lo speaker legge le formazioni accompagnate da boati, musica e urla. A quel punto in mezzo al rumore, una persona al microfono in mezzo a 30/40000 persone avrebbe dovuto leggere un libro. Con tutta la buona volontà, chi poteva ascoltare? Salviamo l’intenzione ma nei fatti quel gesto non servì a nulla e infatti da quel giorno poco è cambiato. Sui muri della capitale di continuo sono apparse qua e là scritte in cui le frange estreme del tifo si rimpallavano per quale squadra facesse il tifo Anna Frank (è della Roma o della Lazio?) come dire, “ebrei siete voi!”, come fosse un’offesa e non lo è. Niente di nuovo dunque dopo un anno, per di più di recente hanno fatto la loro comparsa anche altri manifesti con sopra scritto, “Napoli, Lazio, Israele, stessi colori, stesse bandiere”, il tutto sempre corredato da svastiche e celtiche. Questo discorso non riguarda solo Roma, è una piaga che non ha confini perché, per esempio, anche a Milano per buona parte della curva dell’Inter, i rossoneri sono appellati ebrei. È difficile capire dove tutto questo sia nato ma abbiamo il dovere di provare a comprendere perché gli stadi ogni tanto diventino contenitori di odio che di volta in volta prende come bersaglio negri, zingari, ebrei. E se tutto questo succede anche nel derby di Tel Aviv tra Hapoel e Maccabi dove gli uni invocano la “Shoah” per gli altri, giustificandola come pura espressione di odio profondo…beh, abbiamo il dovere di provare a ricostruire come siano nate certe contaminazioni pericolose tra sport e ideologia saldate insieme dall’ignoranza.
Lo spettacolo si struttura in due parti. Prima, la proiezione di un documentario di 10 minuti sulla storia di Arpad Weisz, allenatore ebreo di Inter e Bologna a cavallo tra gli anni ’20 e ’30. Seconda, il racconto di ’45 minuti sulle contaminazioni tra calcio e ideologia con una parte finale dedicata a storie di chi ha detto, “no”.
Il progetto è a cura di Gianfelice Facchetti che ne cura regia e racconto.